mercoledì 5 aprile 2023

Gli Indifferenti (Alberto Moravia)

 Sotto il lampadario a tre braccia il blocco bianco della tavola scintillava di tre minute

schegge di luce, i piatti, le caraffe, i bicchieri, come appunto un blocco di marmo appena

scalfito dagli scalpellini; c'erano delle macchie, i1 vino era rosso, il pane marrone, una

minestra verde rumava dal fondo delle scodelle; ma quel candore le aboliva e splendeva

immacolato tra quattro pareti su cui, per contrasto, tutto, mobili e quadri, si confondeva in una sola ombra nera; e già seduta al suo posto, cogli occhi attoniti fissi nel vapore della vivanda, Carla aspettava senza impazienza.

Prima dei tre entrò la madre, colla testa voltata verso Leo che la seguiva, dichiarando

con voce ironica ed esaltata: " Non si vive per mangiare, ma si mangia per vivere... invece

lei fa tutto l'opposto... beato lei ".

" Ma no... ma no... " disse Leo entrando a sua volta e toccando con un gesto sfiduciato, per pura curiosità, il termosifone appena tiepido; " lei non mi ha capito...: io ho detto che quando si fa una cosa non bisogna pensare ad altro...; per esempio quando lavoro non penso che a lavorare... quando mangio non penso che a mangiare... è così di seguito... allora tutto va bene... ".

"E quando rubi?" avrebbe voluto domandargli Michele che gli veniva dietro: ma non

sapeva odiare un uomo che a malavoglia invidiava. " In fondo ha ragione " si disse

andando al suo posto, " io penso troppo ".

" Beato lei ", ripetè la madre sarcastica " invece a me tutto va male ". Sedette, assunse

un aspetto di triste dignità e cogli occhi bassi rimescolò col cucchiaio la minestra,

affinchè si freddasse.

" E perché tutto va male? " domandò Leo sedendosi a sua volta. " Io al suo posto sarei

felice: una graziosa figlia... un figlio intelligente e pieno di belle speranze... una bella

casa... cosa si può desiderare di più? ".

" Eh lei mi capisce a volo " disse la madre con un mezzo sospiro.

" Io no, a rischio di passare per ignorante le confesso che non capisco nulla... ". La

minestra era finita, Leo posò il cucchiaio: " E del resto siete tutti malcontenti voi... non

creda signora di esser la sola... vuoi vedere?... Dunque, tu Carla, di' la verità, sei contenta

tu?...”.

La fanciulla alzò gli occhi: questo spirito gioviale e falsamente bonario inaspriva la

sua impazienza: ecco, ella sedeva alla tavola familiare, come tante altre sere; c'erano i

soliti discorsi, le solite cose, più forti del tempo, e soprattutto la solita luce senza illusioni

e senza speranze, particolarmente abitudinaria, consumata dall'uso come la stoffa di un

vestito e tanto inseparabile dalle loro facce, che qualche volta accendendola bruscamente

sulla tavola vuota ella aveva avuto la netta impressione di vedere i loro quattro volti, della

madre, del fratello, di Leo e di se stessa, là, sospesi in quel meschino alone; c'erano

dunque tutti gli oggetti della sua noia, e ciononostante Leo veniva a pungerla proprio

dove tutta l'anima le doleva; ma si trattenne: " Infatti potrebbe andare meglio ", ammise; e riabbassò la testa.

" Ecco ", gridò Leo trionfante, " glielo avevo detto... anche Carla... ma non basta...

pure Michele, sicuro... Non è vero Michele che pure a te le cose vanno male? ".

Anche il ragazzo prima di rispondere lo guardò. " Ecco " , pensava " ora bisognerebbe

rispondergli per le rime, inguriarlo, far nascere una bella questione e alfine rompere con

lui "; ma non ne ebbe la sincerità; calma morale; ironia; indifferenza.

" E se tu la facessi finita? " disse tranquillamente; lo sai meglio di me come vanno le

cose ". " Eh furbacchione... " gridò Leo " furbacchione di un Michele... vuoi evitare la

risposta, vuoi passarci sopra... ma è chiaro che anche tu sei un malcontento, altrimenti

non faresti quella faccia lunga come la quaresima ". Si servì dal piatto che la cameriera gli

porgeva; poi: " Ed io invece signori miei tengo ad affermare che tutto mi va bene, anzi

benissimo e che sono contentissimo e soddisfattissimo e che se dovessi rinascere non

vorrei rinascere che come sono e col mio nome: Leo Merumeci ".

" Uomo felice! " esclamò Michele ironico; " ma almeno dicci come fai ".

" Come faccio? " ripetè l'altro colla bocca piena; " così... ma volete sapere invece ,

egli soggiunse versandosi da bere, " perché voi tre non siete come me? ".

" Perché? ".

" Perché " egli disse " vi arrabbiate per delle cose che non meritano... ". Tacque e

bevve; segui un minuto di silenzio; tutti e tre, Michele, Carla e la madre si sentivano

offesi nel loro amor proprio; il ragazzo si vedeva com'era, miserabile, indifferente e

sfiduciato, e si diceva: '' Ah vorrei vederti in queste mie condizioni "; Carla pensava alla

vita che non cambiava, a quelle insidie dell'uomo, e avrebbe voluto gridare: " Io ho delle

vere ragioni "; ma per tutti e tre fu la madre impulsiva e loquace che parlò.

L'essere stata accomunata coi figli in quella generale tendenza al malcontento, per il

gran concetto in cui ella si teneva, l'aveva ferita come un tradimento; l'amante non

solamente l'abbandonava ma anche si burlava di lei:

" Va bene ", disse alfine dopo quel silenzio, con la voce ironica e malevola di chi

vuole attaccar briga; " ma io, caro lei, ho delle buone ragioni per non esser contenta ".

"Non ne dubitò " disse Leo tranquillamente. " Non ne dubitiamo " ripetè Michele. "

Non sono più una bambina come Carla ".continuò la madre in tono risentito e commosso,

" sono una donna che ha avuto delle esperienze, che ha avuto dei dolori, oh si, molti

dolori " ella ripetè eccitata dalle sue parole; " che è passata attraverso molte noie e molte

difficoltà, e ciò nonostante ha saputo sempre serbare intatta la propria dignità e sempre

mantenersi superiore a tutti, si, caro Merumeci " ella proruppe amara e sarcastica; " a tutti

quanti compreso lei...".

" Non ho mai pensato che... " incominciò Leo; ora tutti comprendevano che la gelosia

della madre aveva trovato una via e l'avrebbe percorsa per intero; tutti prevedevano con

noia e disgusto la meschina tempesta che si addensava in quella luce tranquilla della cena:

" E lei caro Merumeci " continuò Mariagrazia fissando sull'amante gli occhi spiritati;

" ha parlato pocanzi molto leggermente... io non sono una di quelle sue eleganti amiche

senza tanti scrupoli per la testa, che non pensano che a divertirsi e a tirare avanti, oggi

uno, domani un altro, alla meno peggio... no, lei s'inganna... io mi sento molto ma molto

diversa da quelle signore... ". “Non ho voluto intendere questo... ".

" Io sono una donna ", continuò la madre con crescente esaltazione " che potrebbe

insegnare a vivere a lei e a tanti altri pari suoi, ma che ha la rara delicatezza o la

stupidaggine di non mettersi in prima fila, di parlar poco di se stessa e perciò è quasi

sempre misconosciuta e incompresa... ma non per questo " ella disse alzando la voce al

diapason più forte; " non perché sono troppo buona, troppo discreta, troppo generosa, non

per questo, ripeto, ho meno delle altre il diritto di domandare di non venire insultata ad

ogni momento da chicchessia... ". Diede un ultimo folgorante sguardo all'amante e poi

abbassò gli occhi e si diede macchinalmente a cambiar di posto gli oggetti che le stavano

davanti. La più grande costernazione si dipinse su tutti i volti: “ Ma io non ho mai

pensato di insultarla " disse Leo con calma; " ho detto soltanto che tra tutti noi il solo che

non sia malcontento sono io ".

" Eh, si capisce ", rispose la madre molto allusiva, “si capisce benissimo che lei non

sia malcontento ".

" Vediamo mamma ", intervenne Carla " egli non ha detto nulla di insultante ": ora,

dopo quest'ultima scena, un’atterrita disperazione possedeva la fanciulla: “finirla”,

pensava guardando la madre puerile e matura che a testa bassa pareva ruminare la propria

gelosia; " finirla con tutto questo, cambiare ad ogni costo ". Delle risoluzioni assurde

passavano per la sua testa; andarsene, sparire, dileguarsi nel mondo, nell'aria. Si ricordò

delle interessanti parole di Leo: " Tu hai bisogno di un uomo come me ". Era la fine: " Lui

o un altro... " pensò; la fine della sua pazienza, dalla faccia della madre i suoi occhi

sofferenti passarono a quella di Leo: eccoli i volti della sua vita, duri, plastici,

incomprensivi, allora riabbassò gli sguardi sul piatto dove il cibo si freddava nella cera

coagulata dell'intingolo.

" Tu ", ordinò la madre " non dir nulla: non puoi capire ".

" Eh, mia cara signora ", protestò l'amante " anch'io non ho capito nulla ".

" Lei " disse la madre calcando sulle parole e inarcando le sopracciglia, " mi ha capito

fin troppo ".

" Sarà " incominciò Leo stringendosi nelle spalle.

" Ma taccia... taccia dunque " lo interruppe la donna con dispetto; " è meglio che lei

non parli... al suo posto io tenterei di farmi dimenticare, di scomparire ". Silenzio; la

cameriera entrò e tolse via i piatti. " Ecco " pensò Michele vedendo quell'espressione

adirata del volto della madre a poco a poco distendersi; " il temporale è passato, ora torna

il bel tempo ". Alzò la testa e:" Dico ", domandò senz'ombra di allegria " l'incidente è

chiuso? ".

" Chiusissimo " rispose Leo con sicurezza; " io e tua madre ci siamo riconciliati ". Si

volse verso Mariagrazia:

" Non è vero signora che ci siamo riconciliati? ". Un sorriso patetico esitava sulla

faccia dipinta della donna; ella conosceva quella voce e quel tono insinuante dei tempi

migliori, di quando ella era ancora giovane e l'amante era ancora fedele: " Crede

Merumeci " domandò guardandosi vezzosamente le mani, " che sia così facile

perdonare?".

La scena diventava sentimentale; Carla fremette e abbassò gli occhi; Michele sorrise

di disprezzo. " Ecco " pensò " ci siamo, abbracciatevi e non se ne parli più ".

" Perdonare " disse Leo gravemente buffonesco, " è dovere di ogni buon cristiano"

("Che il diavolo se la porti " pensava intanto; " per fortuna che c'è la figlia a compensarmi

della madre "). Osservò la fanciulla, impercettibilmente, senza voltar la testa; sensuale;

più di sua madre; labbra rosse, carnose; certo disposta a cedere; dopo cena bisognava

tentare; battere il ferro finché è caldo; il giorno dopo no.

" Allora " disse la madre del tutto rassicurata, " siamo cristiani e perdoniamo ". Il

sorriso, fin allora contenuto, s'allargò patetico e brillante su due file di denti d'una

bianchezza dubbia; tutto il corpo disfatto palpitò:

" E, a proposito " ella soggiunse con improvviso amor materno; " non bisogna

dimenticarlo: domani è l'anniversario della nostra Carla ".

" Non si usa più, mamma " disse la fanciulla alzando la testa.

" E invece lo festeggeremo " rispose la madre, solenne, " e lei Merumeci si consideri

già invitato per domani mattina ".

Leo fece una specie d'inchino sopra la tavola: " obbligantissimo "; poi rivolgendosi

verso Carla, " quanti anni? " domandò.

Si guardarono; la madre che sedeva in faccia alla fanciulla alzò due dita e compose la

bocca come per dire “ venti "; Carla vide, capi, esitò; poi un'improvvisa durezza devastò

la sua anima: " Vuole " pensò " che io mi diminuisca gli anni per non invecchiar lei "; e

disobbedì; " Ventiquattro " rispose senza arrossire.

Un'espressione delusa passò sul volto della madre.

“ Così vecchia? " esclamò Leo con scherzosa meraviglia; Carla assentì: " Così

vecchia " ripetè.

" Ma non avresti dovuto dirlo " rimproverò la madre; l’arancia agra che stava

mangiando aumentava l'acidità della sua espressione; " si ha sempre l'età che si mostra...

Ora tu non mostri più di diciannove anni ". Inghiottì l'ultimo spicchio, l'arancia era finita;

Leo estrasse l'astuccio delle sigarette e ne offri a tutti; il fumo azzurro salì sottile dalla

tavola in disordine; per un istante stettero immobili guardandosi negli occhi, attoniti; poi

la madre si alzò. " Andiamo nel salotto " disse; e uno dopo l'altro uscirono tutti e quattro

dalla sala da pranzo.

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