All'inizio di aprile, nell'anno '83, che mi svegliai una mattina e trovai Sherlock Holmes completamente vestito, a fianco del mio letto.
Di solito si alzava tardi e, poiché l'orologio sulla mensola del camino mi diceva che erano solo le sette e un quarto, lo guardai con una certa sorpresa, e forse anche con un po' di risentimento, perché ero molto regolare nelle mie abitudini.
- Spiacente di svegliarvi di colpo, Watson - disse - ma stamane è accaduto a tutti.
La signora Hudson è stata svegliata, si è rifatta su di me ed io su di voi.
- Di che si tratta? Un incendio?
- No, un cliente. Sembra che una giovane donna sia arrivata in un considerevole stato di agitazione e che insista per vedermi.
Ora sta aspettando nel salotto.
Dunque, quando le giovani donne vagano per la città a quest'ora del mattino e fanno alzare dal letto gente assonnata, presumo che abbiano da raccontare qualcosa di molto urgente.
Se dovesse dimostrarsi un caso molto interessante sono certo che a voi piacerebbe seguirlo fin dall'inizio.
Perciò ho pensato di dovervi svegliare e di offrirvi l'opportunità. - Mio caro amico, non vi rinuncerei per niente al mondo! Non esisteva per me piacere più intenso di quello di seguire Holmes nelle sue investigazioni professionali e di ammirare le sue rapide deduzioni, veloci come le intuizioni ma comunque sempre fondate su una base logica, con cui dipanava i problemi che gli erano sottoposti.
Mi vestii rapidamente e in pochi minuti fui pronto ad accompagnare il mio amico nel salotto del piano inferiore. Una signora vestita di nero e pesantemente velata, che era seduta vicino alla finestra, si alzò quando entrammo.
- Buon giorno signora - disse allegramente Holmes.
- Il mio nome è Sherlock Holmes. Questo è il mio amico e socio dottor Watson, davanti al quale potete parlare come davanti a me. Ah, sono lieto di vedere che la signora Hudson ha avuto il buonsenso di accendere il fuoco.
Prego, avvicinatevi al caminetto e io vi ordinerò una tazza di caffè bollente, poiché vedo che state tremando.
- Non è il freddo che mi fa tremare - disse la donna a voce bassa mentre cambiava posto, come le era stato chiesto.
- Che cosa dunque?
- La paura, signor Holmes. Il terrore!
- Alzò il velo mentre parlava e potemmo vedere che era davvero in un pietoso stato di agitazione, con il volto tirato e grigio, con gli occhi spaventati e inquieti come quelli di un animale inseguito.
I suoi lineamenti e la figura erano quelli di una donna sulla trentina, ma i capelli erano striati di un grigio prematuro e la sua espressione era stanca e sofferente. Sherlock Holmes la squadrò con uno dei suoi rapidi sguardi che osservavano tutto.
- Non dovete aver paura - disse rassicurante, chinandosi ad accarezzarle l'avambraccio.
- Presto metteremo le cose a posto non ne dubito. Siete venuta in treno questa mattina, vedo.
- Allora sapevate di me?
- No, ma vedo la seconda metà di un biglietto di ritorno nel palmo del vostro guanto sinistro. Dovete essere partita presto, e avete fatto un lungo tragitto in un calesse, per strade fangose prima di raggiungere la stazione.
La signora ebbe un sobbalzo violento e fissò stupita il mio compagno.
- Non c'è alcun mistero, cara signora - disse lui sorridendo - La manica sinistra della vostra giacca è sporca di fango in almeno sette punti.
Le macchie sono assolutamente recenti. Non c'è alcun veicolo, salvo il calesse, che sollevi il fango in quel modo, solo quando si è seduti alla sinistra del guidatore.
- Qualunque sia il vostro ragionamento, le conclusioni sono esatte - disse lei. - Sono partita da casa prima delle sei. Ho raggiunto Leathemead alle sei e venti e sono arrivata con il primo treno alla stazione di Waterloo.
Signore, non posso sopportar questa tensione più a lungo. Se continua impazzirò. Non ho nessuno a cui rivolgermi, salvo uno che si preoccupa per me e lui poveretto, può essermi di poco aiuto.
Ho sentito parlare di voi, signor Holmes; me ne ha parlato la signora Farintosh che avete aiutato in un momento di grande bisogno. Ho avuto da lei il vostro indirizzo. Oh, signore credete di poter aiutare anche me o a meno di gettare un
po' di luce nell'oscurità che mi circonda?Al presente non è nelle mie possibilità ricompensarvi, ma fra un mese o due sarò sposata, avrò il controllo del mio patrimonio allora potrò ricompensarvi.
Holmes si diresse alla sua scrivania e aprendola ne trasse un piccolo taccuino che consultò.
- Farintosh - disse. - Ah, sì, ricordo il caso. Riguardava una tiara di opale.
Credo che fosse prima di conoscervi Watson.
Posso solo dire, signorina, che sarò molto lieto di dedicare al vostro caso la stessa cura che ho dedicato a quello della signora Farintosh, vostra amica.
La risoluzione del caso è già un compenso per me. Ma voi comunque potrete rimborsare le eventuali spese a cui andrò incontro quando vi farà più comodo.
Ed ora vi prego di esporci tutto quello che può servire a formarci un'opinione in proposito.
- Ahimè - rispose la nostra visitatrice. - Il vero orrore della mia situazione sta nel fatto che le mie paure sono così vaghe, e i miei sospetti si basano così esclusivamente su piccoli particolari, che possono sembrare banali a un altro, e anche colui, al quale sopra tutti gli altri ho il diritto di chiedere aiuto e consiglio, considera tutto quanto dico in proposito fantasie di una donna nervosa.
Lui non lo dice, ma posso leggerlo nelle sue risposte rassicuranti e nei suoi occhi che non mi guardano.
Ma io ho sentito, signor Holmes, che voi potete vedere profondamente nelle molteplici cattiverie dell'animo umano. Voi potete darmi un consiglio su come camminare tra i pericoli che mi circondano.
- Avete tutta la mia attenzione, signorina.
- Il mio nome è Helen Stoner e vivo con il mio patrigno che è l'ultimo sopravvissuto di una delle più vecchie famiglie sassoni in Inghilterra, i Roylott di Stoke Moran, sul confine occidentale del Surrey.
Holmes assentì con un cenno del capo.
- Il nome mi è familiare - disse.
- La famiglia è stata una volta tra le più ricche d'Inghilterra, e i suoi possedimenti terrieri si estendevano oltre i confini del Berkshire a nord, e dell'Hampshire a occidente.
Nell'ultimo secolo, tuttavia, quattro successivi eredi sono stati di abitudini dissolute e viziose e la rovina della famiglia è stata alla fine completata da un giocatore ai tempi della Reggenza. Non rimase nulla, salvo pochi acri di terreno e una casa vecchia di duecento anni che è essa stessa gravata da pesanti ipoteche.
L'ultimo proprietario ha trascinato la sua esistenza, vivendo l'orribile vita di un aristocratico povero, ma il suo unico figlio, il mio patrigno, vedendo che doveva adattarsi alle nuove condizioni, ottenne da un parente un anticipo che gli permise di prendere una laurea in medicina e andò a Calcutta, dove grazie alla sua abilità professionale e alla sua forza di carattere si fece una grande clientela.
Tuttavia in un impeto d'ira, provocata da alcuni furti che erano stati perpetrati nella casa, picchiò a morte il suo maggiordomo e sfuggì a stento a una condanna a morte.
Comunque scontò una lunga pena in carcere e poi ritornò in Inghilterra, come un uomo scontroso e deluso. "Quando il dottor Roylott era in India sposò mia madre, la signora Stoner, giovane vedova del Generale Stoner, dell'Artiglieria del Bengala.
Mia sorella Julia e io eravamo gemelle e avevamo soltanto due anni quando mia madre si risposò.
Lei aveva una considerevole somma di denaro, una rendita di non meno di mille sterline l'anno e la lasciò interamente in testamento al dottor Roylott mentre risiedevamo con lui, con la clausola che una certa rendita annuale dovesse esserci versata nell'eventualità del nostro matrimonio.
Poco dopo il nostro ritorno in Inghilterra la mamma morì, otto anni fa, in un incidente ferroviario vicino a Crewe.
Il dottor Roylott allora abbandonò i suoi tentativi di stabilirsi a Londra come medico e ci portò a vivere con lui nella casa patema di Stoke Moran.
Il denaro che mia madre aveva lasciato era sufficiente per tutte le nostre necessità e sembrava non ci fossero ostacoli alla nostra felicità. "Ma circa a quel tempo il nostro patrigno subì un terribile cambiamento.
Invece di farsi degli amici e di scambiare visite con i nostri vicini, che all'inizio erano stati lietissimi di vedere un Roylott di Stoke Moran tornare nell'antica dimora di famiglia, lui si chiuse nella sua casa e ne uscì raramente, salvo che per esibirsi in liti feroci con chiunque attraversasse il suo cammino.
Negli uomini della famiglia è sempre stata ereditaria una violenza di carattere che si avvicina alla malattia e che nel caso del mio patrigno era stata, io credo, incrementata dalla lunga residenza ai tropici.
Ebbe luogo una serie di spiacevoli alterchi, due dei quali finirono in tribunale e lui divenne il terrore del villaggio e la gente si allontanava al suo apparire, poiché è un uomo di immensa forza e assolutamente incontrollabile nell'ira.
"La settimana scorsa gettò il fabbro oltre il parapetto, in un torrente, e solo pagando tutto il denaro che potei racimolare, riuscii a evitare un altro scandalo pubblico.
Non aveva altri amici se non gli zingari nomadi e permetteva a questi vagabondi di accamparsi sui pochi acri di terreno ricoperto di sterpaglie che rappresentano i possedimenti della famiglia, accettando in cambio l'ospitalità delle loro tende, andandosene via con loro, a volte, per settimane di fila.
"Ha anche una passione per gli animali indiani che gli vengono inviati da un corrispondente, e in questo momento ha un ghepardo e un babbuino che si muovono in libertà sul suo terreno e sono temuti dagli abitanti del villaggio, quasi quanto il loro padrone.
"Potete immaginare da quello che dico che la mia povera sorella Julia e io non abbiamo avuto grandi gioie dalla nostra vita.
Nessun servitore restava per molto da noi e per lungo tempo abbiamo fatto da noi tutti i lavori di casa.
Mia sorella aveva soltanto trent'anni al momento della morte, eppure i suoi capelli avevano incominciato a diventare grigi, come sta accadendo ai miei."
- Vostra sorella è dunque morta?
- È morta proprio due anni fa ed è della sua morte che desidero parlarvi.
Potete capire che, vivendo la vita che vi ho descritto, avevamo poche probabilità di frequentare qualcuno della nostra età e della nostra posizione.
Tuttavia avevamo una zia, la sorella di mia madre, la signorina Honoria Westphail che vive vicino a Harrow e di tanto in tanto avevamo il permesso di fare brevi visite a casa sua.
Julia ci andò a Natale due anni fa e conobbe un maggiore dei Marines, con il quale si fidanzò. Il mio patrigno apprese del fidanzamento quando mia sorella tornò a casa e non fece obiezioni al matrimonio; ma una quindicina di giorni prima della data fissata per il matrimonio, avvenne il terribile incidente che mi ha privato della mia unica compagnia.
Sherlock Holmes era adagiato in poltrona con gli occhi chiusi e la testa appoggiata a un cuscino ma ora aprì a metà gli occhi e diede uno sguardo alla nostra visitatrice.
- Vi prego di essere precisa nei dettagli - disse.
- È facile per me esserlo perché ogni avvenimento di quel tremendo momento è inciso nella mia memoria.
Il maniero, come ho già detto, è molto vecchio e ora soltanto un'ala è abitata.
Le camere da letto in questa ala sono al pianterreno, e i salotti sono nel blocco centrale. Di queste camere da letto la prima è quella del dottor Roylott, la seconda di mia sorella e la terza è la mia.
Non c'è comunicazione tra di loro, ma tutte si aprono sullo stesso corridoio. Mi sono spiegata bene?
- Perfettamente.
- Le finestre delle tre stanze si aprono sul prato.
Quella notte fatale il dottor Roylott si era ritirato presto nella sua stanza, benché sapessimo che non era per riposare, poiché mia sorella era turbata dall'odore dei forti sigari indiani che è abituato a fumare.
Quindi lasciò la sua stanza e venne nella mia dove sedette per un po' chiacchierando delle sue prossime nozze.
Alle ventitré si alzò per lasciarmi, ma si fermò alla porta e mi guardò.
" - Dimmi Helen - mi disse - hai mai sentito qualcuno fischiare nel cuore della notte? "
- Mai - risposi io. "
- Suppongo che non sei tu che fischi nel sonno? "
- Certamente no, ma perché? "
- Perché durante le ultime notti ho sempre sentito, verso le tre, un fischio sommesso.
Ho il sonno leggero e mi ha svegliato.
Non posso dire da dove venisse, forse dalla stanza vicina, forse dal prato.
Ho pensato di chiederti se lo avessi sentito anche tu.
" - No, non l'ho sentito ma devono essere quei miserabili zingari nel prato. "
- Probabile. Eppure se veniva dal prato mi chiedo come mai non l'hai sentito anche tu.
" - Ah, ma io dormo più profondamente di te. "
- Be', comunque non ha importanza. - Mi sorrise dalla porta, la chiuse e pochi minuti dopo sentii la sua chiave girare nella serratura." - Davvero? - chiese Holmes.
- È vostra abitudine chiudervi sempre a chiave nella stanza durante la notte?
- Sempre.
- E perché?
- Credo di avervi accennato che il dottore teneva un ghepardo e un babbuino.
Non ci sentivamo tranquille a meno che le nostre porte non fossero chiuse a chiave.
- Capisco. vi prego di continuare con il vostro racconto.
- Quella notte non riuscivo a dormire. Una vaga sensazione di disgrazia incombente mi opprimeva.
Mia sorella e io, ricorderete, eravamo gemelle e voi sapete quanto siano sottili i legami che stringono due anime tanto intimamente unite.
Fu una notte spaventosa. Il vento ululava e la pioggia batteva e scrosciava contro le finestre. Improvvisamente, in mezzo alla confusione dell'uragano, si levò l’urlo selvaggio di una donna terrorizzata.
Capii che era la voce di mia sorella. Balzai dal letto, mi avvolsi in uno scialle e uscii di corsa nel corridoio.
Mentre aprivo la porta mi parve di sentire un debole fischio, come lo aveva descritto mia sorella e pochi momenti dopo un fragore, come se fosse caduta una massa di metallo.
Mentre correvo lungo il corridoio la porta di mia sorella si aprì e girò lentamente sui cardini. La fissai inorridita, non sapevo che cosa ne sarebbe uscito.
Alla luce della lampada del corridoio vidi mia sorella apparire nel vano della porta, con la faccia sbiancata dal terrore, con le mani che cercavano aiuto e l’intera figura che barcollava avanti e indietro come quella di un ubriaco.
Corsi sa lei e le gettai le braccia attorno alla vita, ma in quel momento le sue ginocchia sembrarono cedere e lei cadde a terra.
Si contorceva come in preda a una terribile sofferenza e i suoi arti si agitavano in terrificanti convulsioni.
Dapprima pensai che non mi avrebbe riconosciuta ma mentre mi chinavo sopra di lei improvvisamente urlò con una voce che non dimenticherò mai: "Mio Dio, Helen!
È stata la fascia! La fascia maculata!"
C'era qualcos’altro che avrebbe voluto dirmi e puntò il dito nell'aria verso la stanza del dottore, ma un nuovo attacco di convulsioni la colpì e soffocò le sue parole.
Corsi fuori, chiamando ad alta voce il mio patrigno e lo incontrai che usciva in fretta dalla sua stanza in veste da camera.
Quando fu al fianco di mia sorella, lei era incosciente e benché le versasse in gola brandy e mandasse a chiamare al villaggio il soccorso medico, tutti gli sforzi furono vani perché lei lentamente si afflosciò e morì e morì senza aver ripreso conoscenza.
Questa fu la tremenda fine della mia amata sorella.
- Un momento - disse Holmes. - Siete sicura di questo fischio e del suono metallico? Potreste giurarlo?
- Questo è quanto mi chiese il Coroner della Contea all’inchiesta.
Ho la netta impressione di averlo sentito, ma tra l'infuriare dell'uragano e gli scricchiolii di una vecchia casa, può darsi che io mi sia ingannata.
- Vostra sorella era vestita?
- No, era in camicia da notte. Nella mano destra fu trovato un pezzo di fiammifero bruciato e nella sinistra una scatola di fiammiferi.
- Il che dimostra che aveva acceso un fiammifero e si stava guardando attorno quando si verificò il misterioso fatto.
Questo è importante. E il Coroner che cosa ha deciso? - Ha indagato sul caso con grande attenzione, perché la condotta del dottor Roylott era da lungo tempo nota nella contea, ma è stato incapace di trovare una qualunque soddisfacente causa della morte.
La mia testimonianza dimostrò che la porta era stata chiusa dall'interno e le finestre erano chiuse con imposte all'antica e larghe sbarre di ferro che erano fissate ogni notte.
Le pareti furono accuratamente controllate e si scoprì che erano piuttosto massicce dappertutto e anche il pavimento fu controllato nello stesso modo e con gli stessi risultati. Il caminetto è grande, ma è sbarrato da quattro grandi staffe. È certo quindi che mia sorella era del tutto sola quando morì. Inoltre su di lei non c'era alcun , segno di violenza.
- Che mi dite del veleno?
- I dottori la esaminarono ma senza successo.
- Di che cosa credete dunque che sia morta quella sfortunata signorina? - Sono convinta che è morta di paura e di shock nervoso, benché non posso immaginare cosa l'abbia spaventata tanto.
- C'erano zingari nei dintorni in quel momento?
- Sì, ce n'è sempre qualcuno laggiù. - Ah, e che cosa avete pensato della sua allusione a una fascia, una fascia maculata?
- A volte ho pensato che fosse soltanto il parlare sconnesso del delirio, altre volte che possa essersi riferita a qualche gruppo di persone, forse proprio quegli zingari sulla proprietà.
Non so se i fazzoletti a pois che molti di loro portano in testa possono aver suggerito lo strano aggettivo che ha usato. Holmes scosse la testa come un uomo ben lontano dall'essere soddisfatto.
- Queste sono acque molto profonde - disse.
- Vi prego di continuare il racconto. - Da allora sono passati due anni e la mia vita è stata fino a poco tempo fa più solitaria che mai. Il mese scorso tuttavia, un caro amico, che conosco da molti anni, mi ha fatto l'onore di chiedere la mia mano.
Il suo nome è Armitage, Peter Armitage, secondogenito del signor Armitage di Crane Water, vicino a Reading.
Il mio patrigno non ha fatto opposizione e noi ci sposeremo nel corso della prossima primavera.
Due giorni fa sono state iniziate delle riparazioni nell'ala occidentale dell'edificio e la parete della mia stanza è stata perforata, quindi ho dovuto spostarmi nella stanza dove è morta mia sorella.
Immaginate quindi il mio brivido di terrore quando la notte scorsa, mentre ero ancora sveglia, pensando al suo terribile destino, improvvisamente ho sentito nel silenzio della notte il debole fischio che è stato l'annunciatore della sua morte.
Mi sono alzata di colpo e ho acceso la lampada, ma non c'era niente nella stanza.
Ero troppo scossa per andare a letto di nuovo, così mi sono vestita e non appena s'è fatto giorno sono scivolata fuori e ho preso un calesse alla Locanda della Corona, che sta di fronte e sono andata a Leatherhead, da dove sono venuta qui stamane con il solo scopo di vedervi e di chiedere il vostro consiglio.
- Avete agito saggiamente - disse il mio amico - ma mi avete detto tutto?
- Sì, tutto.
- Non lo avete fatto, signorina Stoner. Voi state proteggendo il vostro patrigno.
- Ma che cosa volete dire?
In risposta, Holmes spinse indietro la guarnizione di pizzo nero che copriva la mano appoggiata sul ginocchio della nostra visitatrice.
Cinque impronte livide, i segni di quattro dita e di un pollice, erano impresse sul polso bianco.
- Siete stata trattata crudelmente - affermò Holmes.
La ragazza arrossì violentemente e coprì il suo polso maltrattato.
- È un uomo duro - abbozzò - e forse non conosce nemmeno lui la sua forza.
Ci fu un lungo silenzio durante il quale Holmes appoggiò il mento sulle mani e rimase a guardare il fuoco scoppiettante.
- Questa è una faccenda molto seria - disse alla fine.
Ci sono mille dettagli che desidero conoscere prima di decidere un piano d'azione. Ma non abbiamo tempo da perdere.
Se dovessi venire oggi a Stoke Moran, sarebbe possibile vedere quella stanza senza che il vostro patrigno lo sappia. - Ha parlato di venire in città oggi per un affare importante.
È probabile che stia via tutto il giorno e che non ci sia niente che possa disturbarvi.
Ora abbiamo una governante, ma è vecchia e stolta e potrei facilmente toglierla di torno.
- Eccellente. Voi non siete contrario a questo viaggio, Watson.
- Assolutamente.
- Allora verremo entrambi. Voi che avete intenzione di fare?
- Ho un paio di faccende che vorrei sbrigare mentre sono in città.
Ma tornerò con il treno delle dodici, in modo da essere là quando arriverete voi. - Potete aspettarci nel primo pomeriggio.
Ho anch'io qualche piccola faccenda da sbrigare. Non volete restare per la prima colazione?
- No, devo andare. Il mio cuore è già più leggero, da quando vi ho confidato i miei guai.
Sono ansiosa di rivedervi questo pomeriggio. Abbassò il fitto velo e usci dalla stanza.
- Che ne pensate di tutto questo, Watson? - chiese Sherlock Holmes appoggiandosi allo schienale della poltrona.
- Mi sembra una faccenda oscura e sinistra.
- Abbastanza oscura e abbastanza sinistra.
- Eppure se la signorina non ha sbagliato nel dire che il pavimento e le pareti sono massicci, che la porta, il camino e la finestra sono insuperabili, allora sua sorella deve essere stata indubbiamente sola quando la morte la raggiunse.
- Che cosa significano dunque quei sibili notturni e le strane parole della donna morente?
- Non so proprio che cosa pensare.
- Quando si combinano le idee dei sibili notturni, la presenza di una tribù di zingari che sono molto intimi con il vecchio dottore, il fatto che abbiamo tutte le ragioni di credere che questo dottore abbia interesse a impedire il matrimonio della sua figliastra, l'allusione in punto di morte a una fascia e finalmente il fatto che la signorina Stoner ha sentito un fragore metallico, che può essere venuto da una di quelle sbarre rimessa al proprio posto, credo che ci siano buone probabilità di chiarire il mistero in questa direzione.
- Ma che hanno fatto dunque gli zingari?
- Non riesco a immaginarlo.
- Prevedo molte obiezioni a una simile teoria.
- Anch'io. È proprio per questa ragione che noi andiamo a Stoke Moran, oggi.
Voglio vedere se le obiezioni sono fatali o possono essere spiegate. Ma che cosa succede, in nome del diavolo?
L'esclamazione era stata provocata dal fatto che la nostra porta era stata improvvisamente spalancata e un uomo enorme si era stagliato sulla soglia.
I suoi abiti erano un particolare miscuglio di professionale e di agricolo, poiché aveva un cilindro nero, una lunga redingote e un paio di ghette e teneva in mano un frustino da caccia. Era così alto che il suo cappello sfiorava la traversa del vano della porta, e in larghezza sembrava occuparlo tutto.
Una faccia larga, segnata da migliaia di rughe, scurita dal sole e viziata da qualche malvagia passione, si voltava dall'uno all'altro di noi, mentre i suoi occhi infossati, biliosi e il naso scarno, alto e sottile gli davano in un certo qual modo l'aspetto di un vecchio uccello da preda.
- Chi di voi due è Holmes? - chiese quest'apparizione.
- È il mio nome, signore, ma voi siete in vantaggio su di me - rispose calmo il mio compagno.
- Sono il dottor Grimesby Roylott di Stoke Moran.
- Davvero dottore? - disse Holmes blandamente.
- Accomodatevi prego. - Non farò niente del genere. La mia figliastra è stata qui. L'ho seguita. Che cosa vi ha detto?
- Fa un po' freddo per la stagione in cui siamo - sottolineò Holmes.
- Che cosa vi ha detto? - urlò furiosamente il vecchio.
- Ma ho sentito che i crochi promettono che... - continuò il mio compagno imperturbabile.
- Ah, voi mi snobbate, vero? - sbottò il nostro nuovo visitatore facendo un passo avanti e agitando il frustino.
- Vi conosco farabutto! Ho già sentito parlare di voi! Voi siete Sherlock Holmes l'intrigante!
Il mio amico sorrise.
- Holmes, l'impiccione! Il sorriso divenne più marcato.
- Holmes, il funzionario di Scotland Yard. Holmes ridacchiò di cuore.
- La vostra conversazione è molto divertente. Quando uscite chiudete la porta, perché c'è una corrente fastidiosa.
- Me ne andrò quando avrò finito di parlare. Non osate impicciarvi dei miei affari. So che la signorina Stoner è stata qui, l'ho seguita!
Sono un uomo pericoloso per litigarci!
Guardate! Fece un passo avanti, afferrò l'attizzatoio e lo curvò a ferro di cavallo con le sue mani scure.
- Cercate di stare lontano dalla mia portata - abbaiò e gettando nel camino l'attizzatoio piegato, usci dalla stanza.
- Sembra una persona molto amabile - disse Holmes ridendo.
- Non sono così grosso, ma se fosse rimasto gli avrei mostrato che la mia stretta non è molto inferiore alla sua.
Mentre parlava prese l'attizzatoio d'acciaio e con uno sforzo improvviso lo raddrizzò di nuovo.
- Ma pensate, aver l'insolenza di confondermi con la polizia ufficiale.
Questo incidente dà più gusto alla nostra indagine, e spero solo che la nostra piccola amica non soffra per la sua imprudenza di aver permesso a questo bruto di seguirla.
E ora, Watson, ordineremo la prima colazione e poi farò una passeggiata fino alla Doctor's Commons, dove spero di ottenere dei dati che ci siano utili in questa faccenda. Erano circa le tredici quando Holmes tornò dalla sua passeggiata.
Aveva in mano un foglio di carta azzurra pieno di annotazioni e di cifre.
- Ho visto il testamento della moglie morta - disse.
- Per determinare il suo esatto significato ho dovuto calcolare i prezzi attuali degli investimenti di cui si occupa.
Il reddito totale, che al momento della morte della moglie era poco inferiore alle 1100 sterline, ora è calato, a causa della diminuzione dei prezzi agricoli, a 750 sterline.
Ognuna delle due ragazze può chiedere al momento del matrimonio la somma di 250 sterline di reddito.
È evidente quindi che se entrambe le ragazze si fossero sposate, quel galantuomo avrebbe avuto soltanto un reddito miserevole, ma anche il matrimonio di una sola ragazza lo avrebbe messo in serie difficoltà finanziarie.
Il mio lavoro di questa mattina non è stato inutile perché ha dimostrato che lui ha i più seri motivi per intralciare qualunque tentativo di matrimonio.
E ora, Watson, questa è una faccenda troppo grave per sprecare il tempo, specialmente perché il vecchio è a conoscenza che noi ci interessiamo dei suoi affari; quindi, se siete pronto, chiameremo una carrozza e andremo alla stazione di Waterloo.
Vi sarei molto grato se vi infilaste in tasca la pistola.
Una Eley No2 è un eccellente argomento con un gentiluomo che può annodare un attizzatoio.
Quella e uno spazzolino da denti sono, mi pare, tutto quello di cui abbiamo bisogno.
A Waterloo fummo tanto fortunati da prendere un treno per Leatherhead, dove noleggiammo un calesse alla locanda della stazione e percorremmo sette o otto chilometri lungo le amene strade del Surrey. Era una giornata perfetta, con un sole brillante e poche nubi sfilacciate nel cielo. Gli alberi e i cespugli stavano emettendo le prime gemme e l'aria era ricca dei piacevoli odori della terra umida. Per me almeno, c'era uno strano contrasto tra le dolci promesse della primavera e questa sinistra impresa nella quale eravamo impegnati.
Il mio compagno sedeva nella parte anteriore del calesse, a braccia conserte, il cappello sugli occhi e il mento appoggiato al petto, immerso nei più profondi pensieri.
Improvvisamente mi toccò sulla spalla e mi indicò i prati.
- Guardate là - indicò. Un parco pieno di alberi si stendeva lungo una leggera salita, trasformandosi in un bosco nel punto più alto.
In mezzo agli alberi spuntavano i grigi frontoni e l'alto tetto di una casa molto antica.
- Stoke Moran? - chiese. - Sì, signore, quella è la casa del dottor Grimesby Roylott - rispose il vetturino.
- Stanno costruendo qualcosa, là - disse Holmes.
- Ed è là che andiamo. - Là c'è il villaggio - disse il vetturino, indicando un ammasso di tetti a qualche distanza sulla sinistra
- ma se volete arrivare alla casa, la via più breve è traversare quello steccato e seguire il sentiero tra i campi. Ed è là, dove sta camminando quella signora.
- E la signora, immagino, è la signorina Stoner - osservò Holmes proteggendo si gli occhi con la mano.
- Sì, sarà meglio fare come suggerite voi.
Scendemmo, pagammo e il calesse ritornò verso Leatherhead.
- Ho pensato bene - disse Holmes mentre scavalcavamo lo steccato - di far sì che quel tipo credesse che fossimo architetti o qualcosa del genere. Può evitare che chiacchieri troppo.
Buon jgiorno signorina Stoner. Vedete che abbiamo mantenuto la promessa? La nostra cliente del mattino si era affrettata a venirci incontro con il volto che esprimeva gioia.
- Vi ho atteso con tanta ansia - gridò, stringendoci la mano calorosamente.
- Tutto ha funzionato perfettamente. Il dottor Roylott è andato in città ed è improbabile che torni prima di sera.
- Abbiamo avuto il piacere di conoscere il dottore - disse Holmes e in poche parole spiegò quel che era accaduto.
La signorina Stoner diventò pallida in volto mentre ascoltava. - Buon Dio! - disse. - Dunque mi ha seguita!
- Così pare. - È così astuto che non so mai quando sono al sicuro da lui. Che cosa dirà quando ritorna?
- Deve stare attento, perché può scoprire che c'è qualcuno più furbo di lui sulla sua pista. Questa notte dovete chiudervi a chiave per evitarlo. Se è violento vi porteremo da vostra zia ad Harrow.
Ora dobbiamo fare il miglior uso possibile del nostro tempo, quindi portateci immediatamente alle stanze che vogliamo esaminare.
L'edificio era di pietra grigia macchiata di licheni, con una parte centrale alta e due ali ricurve, come le chele di un granchio che spuntavano da ciascun lato.
In una di queste ali le finestre erano rotte e chiuse con tavole di legno, mentre il tetto era in parte sfondato, in una immagine di rovina.
La porzione centrale era un poco migliore ma il blocco di destra era relativamente moderno e le imposte alle finestre, con il fumo azzurro che si levava dai comignoli, dimostravano che era la parte in cui risiedeva la famiglia.
Contro l'estremità della parete era stata eretta un'impalcatura e una parte era sfondata, ma non c'era alcun segno di muratori all'opera, al momento del nostro arrivo. Holmes passeggiò lentamente su e giù lungo il giardino mal tenuto ed esaminò con profonda attenzione l'esterno delle finestre.
- Questa, mi pare, appartiene alla stanza in cui dormivate voi, quella al centro alla stanza di vostra sorella e quella vicina al corpo principale della casa alla stanza del dottor Roylott?
- Esattamente, ma ora dormo in quella di mezzo.
- Per causa dei lavori, non è vero? Tra l'altro non sembra che ci sia un'urgente necessità di riparazioni in quella parete. - Nessuna. Credo che sia stata una scusa per farmi cambiare camera.
- Ah, questo fa pensare. Ora, sull'altro lato di questa ala c'è il corridoio sul quale si aprono queste tre stanze. Naturalmente avrà delle finestre?
- Sì, ma molto piccole. Troppo piccole perché qualcuno vi possa passare.
- Poiché entrambe chiudevate a chiave la porta, le vostre stanze erano irraggiungibili da quella parte.
Ora abbiate la compiacenza di andare nella vostra stanza e sbarrate le imposte.
La signorina Stoner lo fece e Holmes, dopo un attento esame attraverso la finestra aperta si diede da fare in ogni modo per aprire le imposte, ma senza successo. Non c'era alcuna fessura attraverso la quale far passare la lama di un coltello per alzare la sbarra. Poi con la lente esaminò i cardini, ma erano di ferro massiccio incastrati fermamente nella parete.
- Ehm - disse grattandosi il mento con qualche perplessità.
- La mia teoria presenta certamente delle difficoltà. Nessuno potrebbe superare queste imposte una volta chiuse.
Bene, vedremo se l'interno getterà qualche luce sulla faccenda.
Una piccola porta laterale si apriva nel corridoio imbiancato a calce da dove si accedeva alle tre stanze.
Holmes rifiutò di esaminare la terza stanza, così passammo subito alla seconda, quella in cui ora dormiva la signorina Stoner e in cui la sorella aveva incontrato la morte. Era una semplice cameretta con un soffitto basso e un caminetto aperto secondo la moda delle vecchie case di campagna.
Un cassettone scuro stava in un angolo, in un altro c'era un letto stretto con un copriletto bianco e sul lato sinistro della finestra c'era una toeletta.
Le tavole attorno e i pannelli delle pareti erano di quercia scura, rosa dai tarli, così vecchia e scolorita che si poteva risalire a quando era stata costruita la casa.
Holmes trascinò una delle sedie in un angolo e sedette in silenzio, mentre i suoi occhi andavano avanti e indietro assorbendo ogni dettaglio della stanza.
- Con che cosa comunica quel campanello? - chiese alla fine, indicando un grosso cordone che pendeva sopra il letto, con la nappa che poggiava proprio sul cuscino. - Va fino alla stanza della governante.
- Sembra più nuovo di tutto il resto.
- Sì, è stato installato soltanto un paio di anni fa.
- Lo chiese vostra sorella immagino?
- No, non mi risulta che lo abbia mai usato.
Abbiamo sempre avuto l'abitudine di procurarci da noi le cose di cui avevamo biosogno.
- Davvero sembra inutile mettere là un così bel cordone di campanello. Mi scuserete, per qualche minuto mi dedico a questo pavimento.
Si mise carponi con la lente in mano e strisciò velocemente avanti e indietro esaminando minutamente le crepe tra le tavole.
Poi fece la stessa cosa con i pannelli che ricoprivano le pareti della stanza.
Alla fine si diresse al letto e passò qualche tempo a fissarlo e poi a far scorrere l'occhio lungo la parete dall'alto in basso.
Finalmente prese il cordone in mano e lo tirò decisamente.
- Toh, è finto! - disse.
- Non funziona?
- No, non è nemmeno attaccato a un filo.
Questo è davvero molto interessante.
Potete vedere che è fissato a un gancio proprio sopra la piccola apertura del ventilatore.
- Che cosa assurda!
Non me n'ero mai accorta prima!
- Molto strano - disse Holmes tirando il cordone.
- Ci sono due o tre cose singolari in questa stanza. Per esempio deve essere molto sprovveduto un costruttore che apra un foro di ventilazione in un'altra stanza, quando con la stessa fatica avrebbe potuto aprirlo verso l'esterno.
- Anche quello è abbastanza recente
- fece la signorina.
- Fatto circa allo stesso tempo del cordone del campanello? - chiese Holmes.
- Sì, a quel tempo furono fatti diversi piccoli cambiamenti.
- Sembrano essere stati di un genere molto interessante: cordoni di campanelli falsi, ventilatori che non ventilano.
Con il vostro permesso signorina Stoner ora faremo delle ricerche nella stanza più interna.
La stanza del dottor Roylott era più grande di quella della sua figliastra, ma era miseramente arredata.
Un letto da campo, un piccolo scaffale pieno di libri, principalmente di argomenti tecnici, una poltrona accanto al letto, una sedia di legno grezzo accanto alla parete, un tavolo rotondo e una grande cassaforte d'acciaio erano le cose principali che colpivano l'occhio.
Holmes la percorse lentamente ed esaminò con interesse ciascun oggetto. -
Che c'è dentro qui? - chiese battendo la mano sulla cassaforte.
- Documenti d'affari del mio patrigno.
- Oh, ne avete visto l'interno, dunque?
- Solo una volta, qualche anno fa. Ricordo che era piena di documenti.
- Non c'è dentro un gatto, per esempio?
- No. Che strana idea!
- Be', guardate questo.
- Prese un piattino colmo di latte che stava sopra la cassaforte.
- No, non teniamo gatti. Ma ci sono un ghepardo e un babbuino.
- Ah, sì naturalmente. Be', un ghepardo è soltanto un grosso gatto eppure un piattino di latte non è sufficiente per soddisfare i suoi bisogni, oserei dire.
C’è un punto che desidererei stabilire. Si accovacciò davanti alla sedia di legno e ne osservò il sedile con la più grande attenzione.
- Grazie, questo è sistemato - disse alzandosi e rimettendo la lente in tasca. - Toh! Qui c'è qualcosa di interessante.
L'oggetto che aveva attirato la sua attenzione era una sferza da cani appesa a un angolo del letto. La sferza era ripiegata su se stessa in modo da formare un cappio. - Che cosa ne pensate Watson?
- È una sferza abbastanza comune. Ma non so perché sia stata munita di un cappio.
- Non è una cosa molto ordinaria, vero? Ahimè! È un mondo malvagio e quando un uomo astuto volge il suo cervello al delitto è il peggiore di tutti. C
redo di aver visto abbastanza, signorina Stoner e ora con il vostro permesso faremo un giro nel prato.
Non avevo mai visto il volto del mio amico così cupo, o la sua fronte così corrucciata come quando lasciò la scena della sua indagine.
Avevamo camminato diverse volte su e giù nel prato, e né la signorina Stoner né io volevamo interrompere i suoi pensieri prima che si scuotesse dalle sue meditazioni.
- È assolutamente essenziale, signorina Stoner - disse - che eseguiate i miei consigli sotto tutti gli aspetti.
- Lo farò senza dubbio.
- La faccenda è troppo seria per qualunque esitazione. La vostra vita può dipendere dalla vostra obbedienza.
- Vi assicuro che sono nelle vostre mani.
- In primo luogo il mio amico e io dobbiamo passare la notte nella vostra stanza. La signorina Stoner e io lo guardammo stupefatti.
- Sì, è necessario. Lasciatemi spiegare. Credo che quella laggiù sia la locanda del villaggio, no? - Sì, è la Corona.
- Benissimo. Le vostre finestre saranno visibili da laggiù?
- Certamente.
- Quando il vostro patrigno ritorna dovete ritiravi nella vostra stanza, fingendo di avere l'emicrania. Poi quando sentite che si ritira per la notte dovete aprire le imposte della vostra finestra, aprire la chiusura, mettere una lampada sul davanzale come segnale per noi e poi ritirarvi con tutto quello che vi può occorrere nella stanza che occupavate prima. Sicuramente, malgrado i lavori, potete adattarvi per una notte.
- Oh, sì, facilmente.
- Al resto penseremo noi.
- Ma che cosa farete?
- Passeremo la notte nella vostra stanza e indagheremo sulle cause del rumore che vi ha disturbato.
- Io credo, signor Holmes, che voi vi siate già fatto un'opinione - disse la signorina Stoner, appoggiando una mano sul braccio del mio compagno. - In effetti, è così.
- Allora per pietà ditemi quale è stata la causa della morte di mia sorella!
- Preferirei avere prove concrete prima di parlare.
- Potete almeno dirmi se è giusta la mia supposizione e se lei è morta per un improvviso spavento?
- No, non lo credo. Ritengo che probabilmente ci sia stata una causa più tangibile. E ora, signorina Stoner, dobbiamo lasciarvi perché se il dottor Roylott tornasse e ci vedesse, il nostro viaggio sarebbe stato fatto invano.
Arrivederci e siate coraggiosa perché se farete quello che vi ho detto, potete stare sicura che presto debelleremo i pericoli che vi minacciano. Sherlock Holmes e io non avemmo difficoltà a fissare una stanza da letto e una saletta alla Locanda della Corona.
Erano al piano superiore, e dalla nostra finestra potevamo vedere il cancello del viale e l'ala abitata del maniero di Stoke Moran.
Al crepuscolo vedemmo passare il dottore in carrozza, con la sua enorme figura che incombeva sul ragazzo che guidava.
Il ragazzo ebbe qualche difficoltà ad aprire il pesante cancello di ferro, sentimmo la voce rauca del dottore e vedemmo la furia con cui agitò il pugno verso il ragazzo.
Il calesse si mosse e pochi minuti dopo vedemmo illuminarsi tra gli alberi la finestra di uno dei salotti, quando fu accesa una lampada.
- Sapete Watson - disse Holmes mentre stavamo seduti nel buio che stava ormai calando - ho veramente qualche scrupolo a portarvi con me stanotte.
C'è qualche grave elemento di pericolo.
- Posso esservi di aiuto?
- La vostra presenza può essere preziosa.
- Allora verrò certamente con voi!
- Siete molto gentile.
- Voi parlate di pericolo. Evidentemente avete visto in quelle stanze più di quanto abbia visto io.
- No, ma immagino di aver dedotto qualcosa di più.
Ritengo che abbiate visto tutto quello che ho visto io. - Non ho visto niente di notevole, salvo il cordone del campanello ma a che scopo potesse servire è più di quanto io possa immaginare.
- Avete visto anche il foro di ventilazione?
- Sì, ma non credo che sia una cosa molto insolita avere una piccola apertura tra due stanze. Era così piccola che non ci sarebbe passato un topo.
- Sapevo che avremmo trovato un foro di ventilazione già prima di venire a Stoke Moran.
- Mio caro Holmes!
- Oh, sì, davvero. Ricorderete che la signorina Stoner, nella sua dichiarazione, disse che sua sorella poteva sentire l'odore del sigaro del dottore.
Naturalmente questo significa che doveva esserci una comunicazione fra le due stanze. Poteva soltanto essere piccola, altrimenti se ne sarebbe parlato durante l'inchiesta del Coroner. Dedussi che era un foro di ventilazione.
- Ma che male può esserci in questo?
- Be', c'è almeno una curiosa coincidenza di elementi. Viene installato un ventilatore, vi è appeso un cordone e la signorina che dorme nel letto muore. Non vi colpisce la cosa? - Non vedo alcuna connessione.
- Avete osservato qualcosa di molto particolare in quel letto?
- No.
- Era fissato al pavimento.
Avete mai visto prima d'ora un letto fissato a quel modo?
- Non posso dire dì averne mai visti.
- La ragazza non poteva spostare il letto. Deve essere sempre nella stessa posizione rispetto al ventilatore e alla corda, così dobbiamo chiamarla, perché evidentemente non è mai stata concepita come cordone di un campanello.
- Holmes - gridai.
- Mi sembra di intravedere dove volete arrivare.
Noi siamo appena in tempo a impedire un altro subdolo e orribile delitto! - Abbastanza subdolo e abbastanza orribile.
Quando un dottore si dà al male è il primo dei criminali.
Ha il coraggio e ha la scienza. Palmer e Pritchard erano tra gli eccellenti nella loro professione. Quest'uomo colpisce ancora più profondamente, ma credo Watson che noi saremo capaci di colpire ancora più a fondo.
Ma assisteremo a degli orrori prima che la notte sia finita. Per amor del cielo, fumiamoci tranquillamente la pipa e volgiamo la mente per qualche ora a qualcosa di più allegro.
Circa alle ventuno la luce tra gli alberi si spense e tutto fu buio in direzione della casa. Passarono lentamente due ore e poi improvvisamente, proprio mentre rintoccavano le ventitre, una luce brillante, isolata si accese proprio davanti a noi.
- Ecco il nostro segnale - disse Holmes balzando in piedi.
- Viene dalla finestra di mezzo.
Mentre uscivamo il mio amico scambiò qualche parola con il padrone, spiegandogli che dovevamo fare una visita notturna a un conoscente e che era facile che passassimo da lui tutta la notte. Un momento dopo eravamo sulla strada oscura con un vento gelido che ci soffiava in volto e una luce gialla che tremolava davanti a noi attraverso il buio, per guidarci verso la nostra fosca impresa.
Non ci furono difficoltà a entrare nella proprietà perché nel vecchio muro del parco c'erano brecce mai riparate.
Facendoci strada tra gli alberi, raggiungemmo il prato, lo attraversammo e stavamo per scavalcare la finestra, quando da un cespuglio di alloro sbucò fuori quello che sembrava un brutto bambino deforme, che si gettò sull'erba agitando le membra e poi fuggì rapidamente nel buio attraverso il prato.
- Mio Dio! - mormorai.
- Lo avete visto? Holmes rimase per un momento stupito come me, con la mano stretta come una morsa sul mio polso, nell'agitazione.
Poi emise una lunga risata e mi disse all'orecchio: - È una singolare famiglia, quello è il babbuino.
Avevo dimenticato lo strano animale, a cui il dottore era affezionato.
C'era anche il ghepardo: forse ce lo saremmo trovato alle spalle da un momento all'altro.
Confesso che mi sentii la mente più tranquilla quando, tolte le scarpe seguendo l'esempio di Holmes, mi trovai dentro la camera da letto. Il mio compagno chiuse silenziosamente le imposte, mise la lampada sul tavolo e fece girare lo sguardo lungo la stanza.
Tutto era come lo avevamo visto nel pomeriggio.
Poi avvicinatosi a me e fattosi schermo con le mani, mi sussurrò nell'orecchio tanto piano che potei appena distinguere le parole.
- Il minimo rumore sarebbe fatale per il nostro piano. Annui per fargli capire che avevo sentito.
- Dobbiamo stare al buio, altrimenti si vedrebbe la luce attraverso il foro di ventilazione. Annuii di nuovo.
- Non addormentatevi; la vostra stessa vita può dipendere da questo. Tenete pronta la rivoltella nel caso ne avessimo bisogno. Io mi siederò a fianco del letto, voi in quella poltrona.
Presi la mia rivoltella e la posai sull'angolo del tavolo. Holmes aveva portato un lungo bastone sottile e lo pose sul letto accanto a sé. Vi pose vicino la scatola di fiammiferi e un mozzicone di candela.
Poi spense la luce e restammo al buio.
Come potrò mai dimenticare quella veglia tremenda?
Non si sentiva un rumore, nemmeno quello di un respiro, eppure sapevo che il mio compagno stava con gli occhi aperti, a pochi metri da me, in uno stato di tensione nervosa come la mia.
Le imposte nascondevano il minimo raggio di luce e noi attendevamo nell’oscurità più assoluta. Dall'esterno giungeva di tanto in tanto il grido di un uccello notturno e una volta, proprio alla nostra finestra, si udì un lungo lamentoso miagolio, che ci rivelò che il ghepardo era davvero in libertà.
Lontano potevamo sentire i tocchi profondi dell'orologio della chiesa, che rimbombavano ogni quarto d'ora.
Come sembravano lunghi quei quarti d'ora!
Le dodici, l'una, le due, le tre e ancora stavamo silenziosamente in attesa di quello che sarebbe potuto accadere. Improvvisamente ci fu un momentaneo sprazzo di luce in direzione del ventilatore, che però scomparve subito ma fu seguito da un forte puzzo di olio in combustione e di metallo riscaldato.
Qualcuno nella stanza accanto aveva acceso una lanterna cieca.
Sentii il leggero rumore di un movimento e poi tutto fu ancora silenzioso, benché il puzzo diventasse più forte.
Per mezz'ora rimasi con le orecchie tese.
Poi improvvisamente un altro rumore si fece sentire, un rumore molto tenue, ipnotico, come quello di un piccolo getto di vapore che sfuggisse continuamente da un bricco.
Nell'istante in cui lo sentimmo, Holmes balzò dal letto, accese un fiammifero e colpì furiosamente con il bastone il cordone del campanello.
- Lo vedete, Watson - gridò - lo vedete?
Ma io non vidi nulla.
Nel momento in cui Holmes accendeva la luce sentii un debole, chiaro sibilo ma l'improvviso chiarore nei miei occhi stanchi mi rese impossibile dire che cosa stesse battendo così selvaggiamente il mio amico.
Potei vedere comunque che la sua faccia era mortalmente pallida e piena di orrore e di disgusto.
Aveva cessato di colpire e stava guardando il ventilatore quando improvvisamente il più orribile grido, che io abbia mai sentito, ruppe il silenzio della notte.
Divenne sempre più alto, un rauco grido di dolore, di paura e di rabbia mescolati assieme.
Si dice che lontano nel villaggio e persino nella più distante parrocchia, il grido abbia svegliato i dormienti nel loro letto.
Ci gelò il cuore e io rimasi a guardare Holmes e lui a guardare me, finché gli ultimi echi si spensero nel silenzio da cui era venuto.
- Che cosa significa? - ansimai.
- Significa che è tutto finito - disse Holmes.
- E forse dopo tutto è meglio così. Prendete la pistola ed entreremo nella stanza del dottor Roylott.
Con il volto grave accese la lampada e mi fece strada lungo il corridoio.
Colpì due volte la porta della stanza senza ottenere alcuna risposta all'interno.
Poi girò la maniglia ed entrò con me alle calcagna che tenevo la rivoltella pronta in mano.
Fu una vista singolare quella che colpì i nostri occhi. Sul tavolo stava una lanterna cieca con la serranda semi aperta, che gettava un brillante raggio di luce sulla cassaforte il cui portello era spalancato.
Accanto al tavolo, sulla sedia di legno sedeva il dottor Grimesby Roylott, avvolto in una lunga veste da camera, con le caviglie nude e i piedi infilati in rosse pantofole turche senza tallone.
In grembo teneva il corto fusto con la lunga sferza che avevamo notato nel pomeriggio.
Il suo mento era rivolto verso l'alto e gli occhi erano fissi, con uno sguardo tremendamente immobile verso l'angolo del soffitto. Attorno alla fronte aveva una fascia di particolare colore giallo, con macchie brunastre che sembrava saldamente stretta attorno alla sua testa.
Quando entrammo non si mosse e non emise suono.
- La fascia, la fascia maculata! - mormorò Holmes.
Feci un passo avanti.
In un attimo quella strana fascia incominciò a muoversi e poi si erse tra i suoi capelli la piatta testa a losanga e il collo gonfio di un orrendo serpente.
- È una vipera di palude! - gridò Holmes - Il più mortale serpente dell'India.
È morto a dieci secondi dal morso.
La violenza ricade sul violento e l'intrigante cade nel pozzo che ha scavato per un'altra persona.
Gettiamo di nuovo questo serpente nel suo covo e poi possiamo portare la signorina Stoner in un posto sicuro e informare la polizia della contea di quanto è accaduto.
Mentre parlava prese rapidamente la lunga sferza dal grembo del morto e gettando il cappio attorno al collo del rettile, lo trasse dal suo orrendo rifugio e, tenendolo lontano da sé, lo getto nella cassaforte di acciaio che richiuse sopra di lui.
Questi sono i veri fatti sulla morte del dottor Grimesby Roylott di Stoke Moran. Non è necessario che io mi dilunghi in una narrazione che è già stata fin troppo lunga, dicendo come rivelammo la triste notizia alla ragazza terrorizzata, come la accompagnammo in treno il giorno dopo dalla sua buona zia ad Harrow, e come il lento processo dell'inchiesta ufficiale concluse che il dottor Roylott era morto mentre imprudentemente giocava con un animale pericoloso.
Il poco che ancora dovevo apprendere sul caso mi fu raccontato da Holmes stesso, mentre stavamo tornando a casa il giorno seguente.
- Io ero giunto a una conclusione interamente sbagliata, che dimostra, mio caro Watson, quanto sia pericoloso ragionare sulla base di dati insufficienti.
La presenza degli zingari, l'uso della parola fascia impiegata dalla sfortunata ragazza, senza dubbio per spiegare l'apparizione di cui aveva avuto un orrido fuggevole sguardo alla luce del fiammifero, furono sufficienti per mettermi su una pista completamente sbagliata.
Posso solo vantare il merito di aver istantaneamente riconsiderato la mia posizione quando tuttavia mi apparve chiaro che qualunque pericolo minacciasse la persona che occupava la stanza non poteva venire né dalla porta né dalla finestra.
La mia attenzione fu immediatamente attratta, come vi ho già fatto notare, da questo ventilatore e dal cordone che pendeva sopra il letto.
La scoperta che il cordone era fasullo e che il letto era fissato al pavimento, istantaneamente mi fece nascere il sospetto che il cordone fosse là come ponte per qualcosa che passava attraverso il foro di ventilazione e scendeva sul letto.
L'idea di un serpente mi venne subito e quando la associai al fatto che il dottore era circondato da una serie di creature che venivano dall'India, sentii di essere, probabilmente, sulla pista giusta.
L'idea di usare una forma di veleno che non fosse individuabile da qualunque esame chimico era proprio quella che poteva venire a un uomo astuto e senza scrupoli che conoscesse i segreti orientali.
La rapidità con cui quel veleno avrebbe agito sarebbe stata dal suo punto di vista un altro vantaggio.
Ci sarebbe voluto davvero un Coroner dagli occhi molto acuti per scoprire i due piccoli punti scuri che avrebbero dimostrato dove i denti avevano compiuto il loro macabro lavoro. Poi pensai al sibilo.
Naturalmente doveva richiamare il serpente prima che la luce del giorno lo rivelasse alla vittima. Lo aveva addestrato, probabilmente impiegando il latte che abbiamo visto, a tornare da lui quando veniva chiamato.
Lui lo faceva passare attraverso il ventilatore all'ora che credeva più opportuna, con la certezza che sarebbe sceso lungo il cordone atterrando sul letto. Poteva o non poteva azzannare l'occupante del letto, forse lei poteva sfuggire ogni notte per una settimana, ma presto o tardi ne sarebbe stata la vittima. "Ero giunto a queste conclusioni prima ancora di entrare nella stanza.
Un'ispezione della sedia mi disse che aveva l'abitudine di starci in piedi sopra, cosa che sarebbe stata necessaria per poter raggiungere il ventilatore.
La vista della cassaforte, del piattino con il latte, e della sferza con il cappio furono sufficienti in realtà a disperdere qualunque dubbio mi fosse rimasto.
Il rumore metallico udito dalla signorina Stoner era ovviamente causato dal patrigno che chiudeva rapidamente la porta della cassaforte sopra il terribile inquilino.
Ormai sapete i passi che ho compiuto per verificare i fatti. Sentii la creatura sibilare come senza dubbio l'avete sentita anche voi, accesi istantaneamente la luce e la colpii."
- Con il risultato di respingerla nel ventilatore.
- E anche con il risultato di farla rivoltare contro il suo padrone nell'altra stanza.
Alcuni dei colpi del mio bastone sono andati a segno e hanno risvegliato la sua rabbia di rettile, cosicché si è gettato sulla prima persona che ha visto. In questo modo sono senza dubbio responsabile indirettamente della morte del dottor Grimesby Roylott, ma non posso in effetti dire che la cosa peserà molto sulla mia coscienza.
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