mercoledì 24 giugno 2020

Veronika decide di morire

Si guardò intorno. I letti erano tutti occupati; le persone dormivano; qualcuna russava forte. Le finestre avevano le inferriate. 

Sul fondo della camerata, c'era un piccola luce accesa, che popolava l'ambiente di strane ombre e consentiva la sorveglianza continua del locale. 

Nei pressi della lampada, una donna leggeva un libro.
"Queste infermiere devono essere molto colte: passano la vita a leggere."

Il letto di Veronika era quello più lontano dalla porta: fra lei e l'infermiera c'erano una ventina di letti. 
Si alzò con difficoltà, perché - volendo credere a quanto le aveva detto il medico - erano quasi tre settimane che non camminava.

 L'infermiera sollevò lo sguardo e vide la giovane che si avvicinava, reggendo il flacone della flebo."Voglio andare in bagno," sussurrò Veronika, temendo di svegliare le altre pazienti.Con gesto distratto, la donna indicò una porta. 

La mente di Veronika funzionava in modo rapido e preciso,cercando ovunque una via d'uscita, una breccia, una maniera per lasciare quel posto. "Devo far presto,fintantoché mi ritengono fragile, incapace di reagire.
Si guardò intorno con grande attenzione. Il bagno era uno sgabuzzino senza porta. 

Se voleva andarsene da lì,doveva afferrare la sorvegliante e obbligarla a darle la chiave: no, era troppo debole.

"Questa è una prigione?" domandò all'infermiera.
"No. Un manicomio."
"Io non sono matta."
La donna rise."È quello che dicono tutti, qui dentro."

"Va bene. Allora sono matta. E che cos'è un matto?"

La donna disse a Veronika che non doveva stare troppo in piedi, e la rimandò a letto."Che cos'è un matto?" insistè Veronika."

Domandalo al medico, domani. 
Ma adesso torna a dormire, altrimenti - sia pure controvoglia - dovrò darti
un calmante."

Veronika obbedì. Mentre tornava verso il letto, udì qualcuno sussurrare:"Non sai che cos'è un matto?"
Per un attimo, pensò di non rispondere: non voleva farsi degli amici, né coltivare relazioni sociali, né trovare alleati per una ribellione di massa. 

Aveva solo un'idea fissa: la morte. Se le fosse stato impossibile fuggire,avrebbe trovato il modo di ammazzarsi anche lì, il più presto possibile.

La donna ripeté la domanda che Veronika aveva rivolto all'infermiera:"Non sai che cos'è un matto?""Chi sei?"
Mi chiamo Zedka. Torna a letto.
Poi, quando la sorvegliante crederà che sei coricata, vieni qui strisciando sul pavimento."

Veronika tornò nel proprio letto e attese che l'infermiera fosse di nuovo concentrata sul libro.
 Che cos'era un
matto? Non ne aveva la minima idea, perché il termine veniva usato in maniera del tutto "anarchica": 
per esempio, si diceva che certi sportivi desideravano come "matti" battere alcuni record. Oppure che gli artistierano "matti", giacché conducevano una vita sregolata, insolita, diversa da quella degli esseri "normali".

Veronika, però, aveva visto molte persone che, mal coperte, vagavano d'inverno per le strade di Lubiana,predicando la fine del mondo e spingendo carrelli di supermercato pieni di sacchetti e stracci.Non aveva sonno. Secondo il medico, aveva dormito per quasi una settimana: un tempo troppo lungo per chi era abituato a una vita priva di grandi emozioni, ma con rigidi orari riguardo al riposo. 

Che cos'era un matto? 
Forse era meglio domandarlo a uno di loro.
Veronika si accovacciò, si sfilò l'ago della flebo dal braccio e si avviò verso Zedka, cercando di non badare ai soi movimenti dello stomaco. 
Non sapeva se la nausea fosse il risultato dell'indebolimento del cuore o dellosforzo che stava facendo in quel momento."

Io non so che cosa sia un matto," sussurrò Veronika. "Comunque, io non lo sono. 
Sono una suicida frustrata."
"Matto è colui che vive nel proprio mondo. Come gli schizofrenici, o gli psicopatici, o i maniaci. 
Quelle persone, cioè, che sono diverse dalle altre."
"Come te?""Di certo," proseguì Zedka, fingendo di non aver udito quel commento interrogativo, "avrai sentito parlare di Einstein,che sosteneva che non esistono né il tempo né lo spazio, ma un'unione di questi due elementi. 

O di Colombo,che affermava che all'altro capo del mare non c'era un abisso, bensì un continente. 

Oppure di EdmundHillary, che asseriva che l'uomo poteva arrivare in cima all'Everest. O, ancora, dei Beatles, che hanno creato una musica diversa, e si vestivano come persone totalmente al di fuori della loro epoca. 

Tutti questi uomini,come migliaia di altri, vivevano nel proprio mondo."
"Questa demente sta dicendo cose che hanno un senso," pensò Veronika, ricordandosi di certe storie che le raccontava la madre, storie di santi che sostenevano di parlare con Gesù o con la Vergine: possibile che tutte queste persone vivessero in un mondo a parte? 

Disse: "Una volta, ho visto una donna con un vestito rosso scollato e lo sguardo vitreo che girava per le vie di Lubiana; il termometro segnava cinque gradi sotto lozero. Pensai che fosse ubriaca e mi avvicinai per aiutarla, ma lei rifiutò la mia giacca.""Nel suo mondo, forse, era estate.
 E magari il suo corpo era riscaldato dal desiderio di qualcuno chel'aspettava. Anche se questa persona fosse esistita soltanto nel suo delirio, lei aveva il diritto di vivere e morire come voleva, non credi?"

Veronika non sapeva cosa rispondere; di certo le parole di quella matta avevano un senso. Chissà che non fosse proprio lei la donna che aveva visto seminuda nelle vie di Lubiana!

"Ti voglio raccontare una storia," disse Zedka. 
"Un potente stregone, con l'intento di distruggere un regno,versò una pozione magica nel pozzo dove bevevano tutti i sudditi.

 Chiunque avesse toccato quell'acqua,sarebbe diventato matto."Il mattino seguente, l'intera popolazione andò al pozzo per bere. 
Tutti impazzirono, tranne il re, che possedeva un pozzo privato per sé e per la famiglia, al quale lo stregone non era riuscito ad arrivare.Preoccupato, il sovrano tentò di esercitare la propria autorità sulla popolazione, promulgando una serie dileggi per la sicurezza e la salute pubblica. 

I poliziotti e gli ispettori, che avevano bevuto l'acqua avvelenata,trovarono assurde le decisioni reali e decisero di non rispettarle.

"Quando gli abitanti del regno appresero il testo dei decreti, si convinsero che il sovrano fosse impazzito, e che pertanto ordinasse cose prive di senso. Urlando, si recarono al castello, chiedendo l'abdicazione."

"Disperato, il re si dichiarò pronto a lasciare il trono, ma la regina glielo impedì, suggerendogli: 'Andiamo alla fonte, e beviamo quell'acqua. In tal modo, saremo uguali a loro.' E così fecero: il re e la regina bevvero l'acqua della follia e presero immediatamente a dire cose prive di senso. Nel frattempo, i sudditi si pentirono: adesso che il re dimostrava tanta saggezza, perché non consentirgli di continuare a governare?"La calma regnò nuovamente nel paese, anche se i suoi abitanti si comportavano in maniera del tutto diversa dai loro vicini. E così il re poté governare sino alla fine dei suoi giorni."


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