venerdì 22 ottobre 2021

Il Piccolo Principe

ITALIANO / ENGLISH /ESPAÑOL

 In quel momento apparve la volpe.

"Buon giorno", disse la volpe.

"Buon giorno", rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.

"Sono qui", disse la voce, "sotto al melo..."

"Chi sei?" domandò il piccolo principe, "sei molto carino..."

"Sono una volpe", disse la volpe.

"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe, sono così triste..."

"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono addomestica".

"Ah! scusa", fece il piccolo principe.

Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:

"Che cosa vuol dire <addomesticare>?"

"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che cosa cerchi?"

"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe.

"Che cosa vuol dire <addomesticare>?"

"Gli uomini" disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. E' molto noioso! Allevano anche delle galline. E' il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?"

"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "<addomesticare>?"

"E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire <creare dei legami>..."

"Creare dei legami?"

"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per

te unica al mondo".

"Comincio a capire" disse il piccolo principe. "C'é un fiore... credo che mi abbia addomesticato..."

"E' possibile", disse la volpe. "Capita di tutto sulla Terra..."

"Oh! non é sulla Terra", disse il piccolo principe.

La volpe sembrò perplessa:

"Su un altro pianeta?"

"Si".

"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"

"No".

"Questo mi interessa. E delle galline?"

"No".

"Non c'e' niente di perfetto", sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea:

"La mia vita é monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano.

 E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri.

 Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. 

Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica.

 E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? 

Io non mangio il pane e il grano, per me é inutile. 

I campi di grano non mi ricordano nulla. 

E questo é triste! 

Ma tu hai dei capelli color dell'oro. 

Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato.

 Il grano, che é dorato, mi fara' pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano..."

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:

"Per favore... addomesticami", disse.

"Volentieri", disse il piccolo principe, "ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose".

"Non ci conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno piu' amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!"

"Che cosa bisogna fare?" domandò il piccolo principe.

"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino..."

Il piccolo principe ritornò l'indomani.

"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la volpe.

"Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti".

"Che cos'é un rito?" disse il piccolo principe.

"Anche questa e' una cosa da tempo dimenticata", disse la volpe. "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'é un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi e' un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza".

Così il piccolo principe addomesticò la volpe.

E quando l'ora della partenza fu vicina:

"Ah!" disse la volpe, "... piangerò".

"La colpa é tua", disse il piccolo principe, "io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi..."

"E' vero", disse la volpe.

"Ma piangerai!" disse il piccolo principe.

"E' certo", disse la volpe.

"Ma allora che ci guadagni?"

"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".

Poi soggiunse:

"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua é unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto".

Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.

"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora é per me unica al mondo".

E le rose erano a disagio.

"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si puo' morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, é più importante di tutte voi, perché é lei che ho innaffiata. Perché é lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché é lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché é lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché é la mia rosa".

E ritornò dalla volpe.

"Addio", disse.

"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale é invisibile agli occhi".

"L'essenziale é invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.

"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".

"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa..." sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.

"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa..."

"Io sono responsabile della mia rosa..." ripete' il piccolo principe per ricordarselo.

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ENGLISH

Little prince

It was then that the fox appeared.

"Good morning," said the fox.

"Good morning," the little prince responded politely, although when he turned around he saw nothing.

"I am right here," the voice said, "under the apple tree."

Fox

"Who are you?" asked the little prince, and added, "You are very pretty to look at."

"I am a fox," the fox said.

"Come and play with me," proposed the little prince. "I am so unhappy."

"I cannot play with you," the fox said. "I am not tamed."

"Ah! Please excuse me," said the little prince.

But, after some thought, he added:

"What does that mean--'tame'?"

"You do not live here," said the fox. "What is it that you are looking for?"

"I am looking for men," said the little prince. "What does that mean--'tame'?"

"Men," said the fox. "They have guns, and they hunt. It is very disturbing. They also raise chickens. These are their only interests. Are you looking for chickens?"

"No," said the little prince. "I am looking for friends. What does that mean--'tame'?"

"It is an act too often neglected," said the fox. It means to establish ties."

"'To establish ties'?"

"Just that," said the fox. "To me, you are still nothing more than a little boy who is just like a hundred thousand other little boys. And I have no need of you. And you, on your part, have no need of me. To you, I am nothing more than a fox like a hundred thousand other foxes. But if you tame me, then we shall need each other. To me, you will be unique in all the world. To you, I shall be unique in all the world . . ."

"I am beginning to understand," said the little prince. "There is a flower . . . I think that she has tamed me . . ."

"It is possible," said the fox. "On the Earth one sees all sorts of things."

"Oh, but this is not on the Earth!" said the little prince.

The fox seemed perplexed, and very curious.

"On another planet?"

"Yes."

"Are there hunters on that planet?"

"No."

"Ah, that is interesting! Are there chickens?"

"No."

"Nothing is perfect," sighed the fox.

But he came back to his idea.

"My life is very monotonous," the fox said. "I hunt chickens; men hunt me. All the chickens are just alike, and all the men are just alike. And, in consequence, I am a little bored. But if you tame me, it will be as if the sun came to shine on my life. I shall know the sound of a step that will be different from all the others. Other steps send me hurrying back underneath the ground. Yours will call me, like music, out of my burrow. And then look: you see the grain-fields down yonder? I do not eat bread. Wheat is of no use to me. The wheat fields have nothing to say to me. And that is sad. But you have hair that is the color of gold. Think how wonderful that will be when you have tamed me! The grain, which is also golden, will bring me back the thought of you. And I shall love to listen to the wind in the wheat . . ."

The fox gazed at the little prince, for a long time.

"Please--tame me!" he said.

"I want to, very much," the little prince replied. "But I have not much time. I have friends to discover, and a great many things to understand."

"One only understands the things that one tames," said the fox. "Men have no more time to understand anything. They buy things all ready made at the shops. But there is no shop anywhere where one can buy friendship, and so men have no friends any more. If you want a friend, tame me . . ."

"What must I do, to tame you?" asked the little prince.

"You must be very patient," replied the fox. "First you will sit down at a little distance from me--like that--in the grass. I shall look at you out of the corner of my eye, and you will say nothing. Words are the source of misunderstandings. But you will sit a little closer to me, every day . . ."

The next day the little prince came back.

"It would have been better to come back at the same hour," said the fox. "If, for example, you come at four o'clock in the afternoon, then at three o'clock I shall begin to be happy. I shall feel happier and happier as the hour advances. At four o'clock, I shall already be worrying and jumping about. I shall show you how happy I am! But if you come at just any time, I shall never know at what hour my heart is to be ready to greet you . . . One must observe the proper rites . . ."

"What is a rite?" asked the little prince.

"Those also are actions too often neglected," said the fox. "They are what make one day different from other days, one hour from other hours. There is a rite, for example, among my hunters. Every Thursday they dance with the village girls. So Thursday is a wonderful day for me! I can take a walk as far as the vineyards. But if the hunters danced at just any time, every day would be like every other day, and I should never have any vacation at all."

So the little prince tamed the fox. And when the hour of his departure drew near--

"Ah," said the fox, "I shall cry."

"It is your own fault," said the little prince. "I never wished you any sort of harm; but you wanted me to tame you . . ."

"Yes, that is so," said the fox.

"But now you are going to cry!" said the little prince.

"Yes, that is so," said the fox.

"Then it has done you no good at all!"

"It has done me good," said the fox, "because of the color of the wheat fields." And then he added:

"Go and look again at the roses. You will understand now that yours is unique in all the world. Then come back to say goodbye to me, and I will make you a present of a secret."

The little prince went away, to look again at the roses.

"You are not at all like my rose," he said. "As yet you are nothing. No one has tamed you, and you have tamed no one. You are like my fox when I first knew him. He was only a fox like a hundred thousand other foxes. But I have made him my friend, and now he is unique in all the world."

And the roses were very much embarassed.

"You are beautiful, but you are empty," he went on. "One could not die for you. To be sure, an ordinary passerby would think that my rose looked just like you--the rose that belongs to me. But in herself alone she is more important than all the hundreds of you other roses: because it is she that I have watered; because it is she that I have put under the glass globe; because it is she that I have sheltered behind the screen; because it is for her that I have killed the caterpillars (except the two or three that we saved to become butterflies); because it is she that I have listened to, when she grumbled, or boasted, or ever sometimes when she said nothing. Because she is my rose.

And he went back to meet the fox.

"Goodbye," he said.

"Goodbye," said the fox. "And now here is my secret, a very simple secret: It is only with the heart that one can see rightly; what is essential is invisible to the eye."

"What is essential is invisible to the eye," the little prince repeated, so that he would be sure to remember.

"It is the time you have wasted for your rose that makes your rose so important."

"It is the time I have wasted for my rose--" said the little prince, so that he would be sure to remember.

"Men have forgotten this truth," said the fox. "But you must not forget it. You become responsible, forever, for what you have tamed. You are responsible for your rose . . ."

"I am responsible for my rose," the little prince repeated, so that he would be sure to remember.


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ESPAÑOL

El Principito

Fue entonces que apareció el zorro:

- Buen día - dijo el zorro.

- Buen día – respondió cortésmente el principito, que se dio vuelta pero no vio a nadie.

- Estoy aquí – dijo la voz –, bajo el manzano...

- Quién eres ? – dijo el principito. – Eres muy bonito...

- Soy un zorro – dijo el zorro.

- Ven a jugar conmigo – le propuso el principito. – Estoy tan triste...

- No puedo jugar contigo – dijo el zorro. – No estoy domesticado.

- Ah! perdón – dijo el principito.

Pero, después de reflexionar, agregó:

- Qué significa "domesticar" ?

- No eres de aquí – dijo el zorro –, qué buscas ?

- Busco a los hombres – dijo el principito. – Qué significa "domesticar" ?

- Los hombres – dijo el zorro – tienen fusiles y cazan. Es bien molesto ! También crían gallinas. Es su único interés. Buscas gallinas ?

- No – dijo el principito. – Busco amigos. Qué significa "domesticar" ?

- Es algo demasiado olvidado – dijo el zorro. – Significa "crear lazos..."

- Crear lazos ?

- Claro – dijo el zorro. – Todavía no eres para mí más que un niño parecido a otros cien mil niños. Y no te necesito. Y tú tampoco me necesitas. No soy para ti más que un zorro parecido a otros cien mil zorros. Pero, si me domesticas, tendremos necesidad uno del otro. Tú serás para mí único en el mundo. Yo seré para ti único en el mundo...

- Comienzo a entender - dijo el principito. – Hay una flor... creo que me ha domesticado...

- Es posible – dijo el zorro. – En la Tierra se ven todo tipo de cosas...

- Oh! no es en la Tierra – dijo el principito.

El zorro pareció muy intrigado:

- En otro planeta ?

- Sí.

- Hay cazadores en aquel planeta ?

- No.

- Eso es interesante ! Y gallinas ?

- No.

- Nada es perfecto – suspiró el zorro.

Pero el zorro volvió a su idea:

- Mi vida es monótona. Yo cazo gallinas, los hombres me cazan. Todas las gallinas se parecen, y todos los hombres se parecen. Me aburro, pues, un poco. Pero, si me domesticas, mi vida resultará como iluminada. Conoceré un ruido de pasos que será diferente de todos los demás. Los otros pasos me hacen volver bajo tierra. Los tuyos me llamarán fuera de la madriguera, como una música. Y además, mira ! Ves, allá lejos, los campos de trigo ? Yo no como pan. El trigo para mí es inútil. Los campos de trigo no me recuerdan nada. Y eso es triste ! Pero tú tienes cabellos color de oro. Entonces será maravilloso cuando me hayas domesticado ! El trigo, que es dorado, me hará recordarte. Y me agradará el ruido del viento en el trigo...

El zorro se calló y miró largamente al principito:

- Por favor... domestícame ! – dijo.

- Me parece bien – respondió el principito -, pero no tengo mucho tiempo. Tengo que encontrar amigos y conocer muchas cosas.

- Sólo se conoce lo que uno domestica – dijo el zorro. – Los hombres ya no tienen más tiempo de conocer nada. Compran cosas ya hechas a los comerciantes. Pero como no existen comerciantes de amigos, los hombres no tienen más amigos. Si quieres un amigo, domestícame !

- Qué hay que hacer ? – dijo el principito.

- Hay que ser muy paciente – respondió el zorro. – Te sentarás al principio más bien lejos de mí, así, en la hierba. Yo te miraré de reojo y no dirás nada. El lenguaje es fuente de malentendidos. Pero cada día podrás sentarte un poco más cerca...


Al día siguiente el principito regresó.

- Hubiese sido mejor regresar a la misma hora – dijo el zorro. – Si vienes, por ejemplo, a las cuatro de la tarde, ya desde las tres comenzaré a estar feliz. Cuanto más avance la hora, más feliz me sentiré. Al llegar las cuatro, me agitaré y me inquietaré; descubriré el precio de la felicidad ! Pero si vienes en cualquier momento, nunca sabré a qué hora preparar mi corazón... Es bueno que haya ritos.

- Qué es un rito ? – dijo el principito.

- Es algo también demasiado olvidado – dijo el zorro. – Es lo que hace que un día sea diferente de los otros días, una hora de las otras horas. Mis cazadores, por ejemplo, tienen un rito. El jueves bailan con las jóvenes del pueblo. Entonces el jueves es un día maravilloso ! Me voy a pasear hasta la viña. Si los cazadores bailaran en cualquier momento, todos los días se parecerían y yo no tendría vacaciones.

Así el principito domesticó al zorro. Y cuando se aproximó la hora de la partida:

-Ah! - dijo el zorro... - Voy a llorar.

- Es tu culpa – dijo el principito -, yo no te deseaba ningún mal pero tú quisiste que te domesticara.

- Claro – dijo el zorro.

- Pero vas a llorar ! – dijo el principito.

- Claro – dijo el zorro.

- Entonces no ganas nada !

- Sí gano –dijo el zorro – a causa del color del trigo.

Luego agregó:

- Ve y visita nuevamente a las rosas. Comprenderás que la tuya es única en el mundo. Y cuando regreses a decirme adiós, te regalaré un secreto.

El principito fue a ver nuevamente a las rosas:

- Ustedes no son de ningún modo parecidas a mi rosa, ustedes no son nada aún – les dijo. – Nadie las ha domesticado y ustedes no han domesticado a nadie. Ustedes son como era mi zorro. No era más que un zorro parecido a cien mil otros. Pero me hice amigo de él, y ahora es único en el mundo.

Y las rosas estaban muy incómodas.

- Ustedes son bellas, pero están vacías – agregó. – No se puede morir por ustedes. Seguramente, cualquiera que pase creería que mi rosa se les parece. Pero ella sola es más importante que todas ustedes, puesto que es ella a quien he regado. Puesto que es ella a quien abrigué bajo el globo. Puesto que es ella a quien protegí con la pantalla. Puesto que es ella la rosa cuyas orugas maté (salvo las dos o tres para las mariposas). Puesto que es ella a quien escuché quejarse, o alabarse, o incluso a veces callarse. Puesto que es mi rosa.

Y volvió con el zorro:

- Adiós – dijo...

- Adiós – dijo el zorro. – Aquí está mi secreto. Es muy simple: sólo se ve bien con el corazón. Lo esencial es invisible a los ojos.

- Lo esencial es invisible a los ojos – repitió el principito a fin de recordarlo.

- Es el tiempo que has perdido en tu rosa lo que hace a tu rosa tan importante.

- Es el tiempo que he perdido en mi rosa... – dijo el principito a fin de recordarlo.

- Los hombres han olvidado esta verdad – dijo el zorro. – Pero tú no debes olvidarla. Eres responsable para siempre de lo que has domesticado. Eres responsable de tu rosa...

- Soy responsable de mi rosa... - repitió el principito a fin de recordarlo.


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